Sicilia Bedda

di Emma Crescenti

Innanzi tutto, la premessa. Primo anno di lavoro, prima vacanza pagata interamente con il proprio stipendio. Niente affitto, rate del mutuo o auto da pagare, nessun limite (a parte il plafond della carta di credito, ovviamente): solo la voglia di viaggiare, di abbrustolire al sole come le lucertole e mangiare, mangiare a volontà. E così, signori miei, inizia quel capitolo chiamato Sicilia.

Giorno 1 – Arancino, quanto t’aspettai

Atterriamo a Catania verso le 9.30, dopo un’ora e mezzo di volo cominciato a Orio al Serio (Bg). Tempo di noleggiare l’auto (la mitica “Pandabbagno”, il fiero destriero che nonostante i suoi cavalli un po’ zoppi ci ha portato ovunque), imbocchiamo la strada per Portopalo di Capopassero (Sr), punta estrema della costa orientale e prima meta della nostra vacanza.

“Entro mezzogiorno vogliamo essere in acqua” ci diciamo io e Federica e così è stato. Alle 11.30 lasciamo le valigie al B&B Volga 21, indossiamo costume e infradito e, tempo di comprare l’ombrellone, finalmente siamo in mare. Ne usciamo solo per festeggiare il nostro primo giorno in Sicilia al chiosco accanto alla spiaggia Scalo Mandrie con spritz, insalatona e ciò che sognavamo già sull’aereo: un arancino tradizionale, ripieno di ragù e mozzarella filante, di cui ancora oggi sentiamo il sapore in bocca.

E solo il cibo, in effetti, è la cosa che ci spinge ad abbandonare il mare e a prepararci per la serata nell’entroterra, a Modica (Rg), città del cioccolato e uno dei più significativi esempi di architettura tardo barocca dell’isola. Lasciamo la macchina in un parcheggio a pagamento in via Nazionale e guadagnamo il centro, che ci conquista con il suo panorama mozzafiato. Ma ancor meglio è stata la cena all’Osteria dei sapori perduti, dove il ricco antipasto e il vino (rigorosamente della zona e suggeritoci dai titolari) ci stendono tanto da rimandare indietro quasi intatto, un po’ mortificate, il primo a base di gnocchetti sardi . Caro cameriere, di nuovo: ti giuro che era buono.

Poi la rotta verso il letto, sature di rosso siciliano, in mezzo alle strade di campagna non illuminate. Un’impresa che fortunatamente siamo qui per raccontare.

Giorno 2 – Siamo in paradiso

Questa giornata si divide a metà. La prima si chiama “Siamo in un ca**o di paradiso”. Partiamo presto, direzione spiaggia di San Lorenzo, un piccolo angolo di Caraibi in Sicilia a circa 20 minuti dalla nostra “base”. Spiaggia chiara e sabbiosa, mare pulito e cristallino, quasi trasparente: e tutti i viaggi al mare di una vita muti. La granita alla mandorla che abbiamo in mano corona tutto alla perfezione. E mentre Federica cerca Antonio, il fedele selfie stick, io spero che il tempo si fermi per sempre.

E’ ora di pranzo. Un po’ controvoglia, ma spinte dalla voglia di scoprire posti nuovi, facciamo rotta per Marzamemi, un piccolo e affascinante borgo poco distante. Il giro nel centro è breve e affaticate dal sole cerchiamo un ristorantino dove riposarci: e così abbiamo trovato l’acqua nel deserto. Vicino al lungomare, il chiosco La Diga ci conquista a colpi di insalata di arance, frittura, cozze e carpaccio di pesce. Il sogno di un pranzo leggero è rimasto tale, ma non prendiamoci in giro, siamo in Sicilia!

Ed ecco la seconda parte, che abbiamo chiamato “quanto mai”. Con tanta buona volontà torniamo a Portopalo per vedere la famosa Spiaggia delle Correnti, ma il vento quel giorno è stato poco clemente sia con noi che con il nostro ombrellone. Il risultato? Siamo tornate al b&b scottate e con la sabbia perfino nell’animo. Il panorama però era bello, magari la prossima volta controlliamo il meteo.

Il morale si risolleva al Pepe Nero di Noto (Sr), un ristorante consigliatoci da una coppia a San Lorenzo e che ora, mentre scrivo questo articolo, abbiamo scoperto potrebbe aver cessato l’attività. Peccato, perché è stata una delle cene migliori e la loro salsa di pomodori secchi fatta in casa merita di diventare patrimonio Unesco.

Giorno 3 – Alla scoperta di Ortigia

E’ tempo di partire per una nuova meta. Così dopo aver fatto benzina (regalando all’automatico 5 euro perché come cavolo abbiamo fatto a pensare che un cinquantino ci stesse tutto nella Pandabbagno), 50 minuti dopo siamo al b&b Giardino d’inverno di Siracusa, un po’ lontano dall’isola di Ortigia (il centro storico della città) ma poco distante dal parco archeologico della Neàpolis greco-romana.

Anche oggi il programma prevede mare e buon cibo. Il viaggio in macchina stanca: così impostiamo il navigatore verso Fontane Bianche, ma essendo domenica tutta la Sicilia sta in spiaggia. Non ci perdiamo d’animo, sgomitando ci guadagniamo un buco dove mettere i salviettoni e ci gettiamo in mare: e anche qui l’acqua pulita e fresca tiene alta la nomea delle coste siciliane.

Il pranzo “leggero” a base di arancini e mojito ci apre lo stomaco per la super cena al ristorante ALevante di Ortigia. Raggiungiamo l’isola a piedi dopo aver lasciato l’auto al parcheggio a pagamento (ma onesto) il Molo di Sant’Antonio, poco fuori dal ponte. Giriamo il centro un po’ alla cieca, con google maps in una mano e un arancino “da passeggio” ai frutti di mare nell’altra per darci energia, per poi arrivare al ristorante dove il polipo alla brace e i paccheri al pesce spada, accompagnati da un bianco fresco, ci fanno ringraziare il cielo di aver prenotato questa vacanza.

Giorno 4 – Un tuffo nel mare e nella storia

Dopo tanto mare, è tempo anche di cultura. E per chi come me porta sulle spalle cinque anni di liceo classico e una laurea in Lettere Antiche, la Neàpolis è una tappa imprescindibile. La giornata parte bene, parcheggiamo lungo il viale principale (a pagamento) e non ci scoraggia l’aver pagato due cappelli di paglia 10 euro l’uno dall’abusivo per poi scoprire che davanti al sito il mercatino autorizzato li vendeva a 5. Ma ca**o.

Sotto il sole cocente, in mezzo a tedeschi che non abituati al caldo svenivano come birilli, comincia il viaggio nell’antica storia siracusana dove la folta vegetazione incornicia grotte naturali, resti di templi e sepolcri, nonché il celebre anfiteatro romano. Uno spettacolo. A farci da guida per un po’ è stata una delle gatte della colonia felina ospitata dalle rovine, che ha voluto essere ripagata con qualche coccola e carezza.

La visita dura qualche ora. Il pomeriggio ci godiamo il meritato riposo all’Arenella, la spiaggia più quotata di Siracusa, dove ancora brindiamo con mojito e arancini. Un breve acquazzone ci costringe a cercare riparo sotto l’ombrellone, ma poco dopo il sole è nuovamente sopra di noi.

Ortigia è nuovamente la nostra meta serale. Questa volta il quartiere dell’ex mercato, dove oggi fioriscono, uno dietro l’altro, una serie di ristorantini tipici. La Carnazzeria attira la nostra attenzione e anche il nostro gusto. La vista dei tavolini e della via illuminata accompagna una cena a base di polipo che ci lascia piene ma soprattutto soddisfatte. Ed è qui che ci chiediamo: “ma noi, in questi giorni, abbiamo mai bevuto dell’acqua?”

Giorno 5 – A Taormina

Goethe l’ha definita “il più grande capolavoro dell’arte e della natura” e Taormina lo è davvero. La perla del Mediterraneo è la terza tappa del nostro viaggio. Muoversi non è semplice, la città si sviluppa (molto) in verticale e le strade sono strette, ma ormai guido come una siciliana autoctona e il nostro umile mezzo riesce anche a inseguire lo scooter della proprietaria di casa lungo una salita a 45 gradi fino al nostro appartamento. E’ forse il punto più alto della città e la vista… Dante direbbe che è ineffabile.

Dal parcheggio (ed ecco la nostra Jeffrytips) una navetta ci porta in centro, dove la prima meta è un invitante pasticceria e i suoi cannoli con granella di pistacchio. Soddisfatte attraversiamo le tipiche strade medievali su cui si affacciano negozi, banchetti e ristoranti fino al Teatro Greco, il monumento più famoso di Taormina e ancora oggi utilizzato per le rappresentazioni drammatiche e musicali.

La mattina trascorre immersi nella città, ma dopo il pranzo si migra a Isola Bella, la spiaggia più conosciuta, racchiusa in un’insenatura tra gli scogli. Niente sabbia fine ma sassi e rocce, l’acqua è la più limpida di tutta la Sicilia e la location da “diesci”. E senza possibilità di ribaltare la situazione. Dato che siamo in vena di cambiamenti, la sera al posto del pesce optiamo per una buona pizza a La Napoletana, un locale nascosto fra i vicoli del centro. E’ testa a testa fra la caprese con pomodoro di San Marzano e la prosciutto e pistacchi, ma con una rossa artigianale entrambe vanno giù benissimo.

Giorno 6 – La Grotta Azzurra

E’ l’ultimo giorno di vacanza, ultima occasione per rilassarsi come si deve, e quindi decidiamo di trascorrerlo in spiaggia sotto il sole. Ma abbandoniamo presto il salviettone per una gita in barca alla scoperta delle bellezze nascoste della costa. L’escursione ci porta alla Grotta Azzurra, situata nel parco marino di Isola Bella: il gioco di luce, il contrasto tra il buio della caverna e la luce che penetra dall’esterno, è da brividi. Un’esperienza mozzafiato che conclude con un tuffo dalla barca in mezzo al mare blu.

Il resto del pomeriggio è di puro relax. Ci alziamo dalla spiaggia solo per entrare in acqua, poi solo un libro, le parole crociate e spotify sparato nelle orecchie. Giustamente ci riposiamo per prepararci alla cena, l’ultima di una vacanza molto eno e ancor più gastronomica.

Al Rosso Peperoncino ci accolgono e ci fanno sedere in un tavolino nel chiostro esterno. Siamo cariche e affamate, è l’ultima cena e non vogliamo badare a spese. Un bianco locale accompagna l’antipasto a base di gamberi rossi crudi e il pescato del giorno, buono da morire. Un cannolo pieno di ricotta dolce chiude tutto in bellezza.

Giorno 7 – Torniamo sì, ma piene

L’addio a Taormina ha il sapore della granita di mandorle e della brioches del Bam bar, il locale più eccentrico del posto e tappa di molti vip. Con calma visitiamo la parte restante della città e verso le 11 ci rimettiamo in macchina fino a Catania.

Ora, noi ci abbiamo provato. Lasciata la macchina al parcheggio Europa ci siamo addentrate oltre la porta della città, che a quell’ora era più calda della superficie del sole. E così, sentendoci un po’ in colpa, in attesa del volo abbiamo cercato un ristorante per il pranzo. Ancora dobbiamo ringraziare il personale di Andrew’s Faro per la cordialità che ci ha dimostrato e per aver rimandato indietro il primo ancora intatto, per la seconda volta nella vacanza: ma fra caponata, frittura, insalata di polipo, carpaccio, verdure e il riccio di mare che il proprietario ci ha quasi costretto ad assaggiare… insomma , per noi il pranzo leggero non è mai stata un’opzione plausibile.

Stanche ma soddisfatte, abbiamo fatto rotta verso l’aeroporto e verso casa. Con la pancia piena, qualche chilo in più e la gallery del cellulare piena di ricordi. Con la certezza di ritornare alla prima occasione possibile.

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